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Sequenza di eventi clinici e neurodegenerativi nella progressione della malattia di Parkinson

La demenza è uno degli aspetti più debilitanti della malattia di Parkinson, con importanti implicazioni sociali ed economiche. Colpisce la metà dei pazienti a 10 anni dalla diagnosi, ma con grande variabilità nella tempistica di insorgenza. Non esistono biomarker validati per la progressione della malattia di Parkinson e la particolare sequenza ed evoluzione della patologia e del declino cognitivo nella malattia di Parkinson restano da chiarire. Conoscere la precisa sequenza di eventi nella progressione della malattia di Parkinson è critica per: (i) ridurre l’eterogeneità nei trial clinici; (ii) monitorare l’outcome del trattamento per nuovi interventi terapeutici; (iii) fornire importanti informazioni riguardo il meccanismo di degenerazione della malattia di Parkinson. Pertanto, una sfida chiave è rappresentata della costruzione di modelli quantitativi del declino patologico e cognitivo nella progressione della malattia di Parkinson utilizzando dati di pazienti come neuroimaging e misure cliniche.
I cambiamenti patologici sottostanti lo sviluppo della demenza nella malattia di Parkinson si collega all’accumulo di alfa-sinucleina, così come beta-amiloide e tau, con una relazione sinergica osservata tra queste proteine. Tuttavia, è una sfida individuare questi processi in pazienti viventi. Non esiste un radio ligando che si unisca alla alfa-sinucleina. Anche composti che legano direttamente l’amiloide, come il Pittsburgh compound B, hanno bassa specificità per predire la demenza nella malattia di Parkinson. L’utilità di ligandi specifici per tau è stata studiata longitudinalmente nella ricerca sulla malattia di Alzheimer, ma deve ancora essere testata nella malattia di Parkinson e potrebbe essere afflitta dalla stessa bassa specificità. Più in generale, i marker di neuroimaging molecolare sono costosi e non ampiamente disponibili.
Le caratteristiche del neuroimaging convenzionale che misurano la perdita di tessuto causata da morte neuronale, come spessore corticale, sono meno sensibili agli stati precoci della demenza nella malattia di Parkinson. Tecniche più avanzate hanno iniziato a mostrare potenziale per identificare i cambiamenti tissutali correlati alla neurodegenerazione. Tra questi, il quantitative susceptibility mapping (QSM) è particolarmente promettente e si correla all’accumulo cerebrale di ferro, che è fortemente collegato alla neurodegenerazione, colocalizza con amiloide e tau e correla con cambiamenti cognitivi nella malattia di Parkinson.
I test neuropsicologici tra domini cognitivi sono usati per mappare il declino cognitivo nella malattia di Parkinson. Test di fluenza verbale e funzioni visuospaziali sembrano essere indicatori precoci di rischio individuale di sviluppo di demenza e le regioni di processamento visivo sono colpite precocemente in pazienti che sviluppano deficit cognitivo. Infatti, multiple linee di evidenza supportano l’importanza delle regioni di processamento visivo nella demenza in Parkinson e nel declino cognitivo.
Una comprensione data-driven della progressione della malattia di Parkinson in pazienti a elevato rischio di demenza permetterebbe l’identificazione di pazienti a rischio prima dell’esordio della demenza. Lo stato dell’arte, al momento, della determinazione del rischio di demenza nella malattia di Parkinson sono algoritmi genetico-clinici. Questi calcolano il rischio individuale di declino cognitivo combinando punteggi demografici, clinici, motori e cognitivi, così come risultati genetici e di biomarker. Tra gli studi, una maggiore età all’esordio è consistentemente e significativamente vista essere il più forte fattore di rischio di demenza nella malattia di Parkinson.

In questo lavoro, gli autori hanno utilizzato un nuovo modello di progressione di malattia basato sugli eventi per investigare la progressione della malattia di Parkinson, arricchito per i pazienti a alto rischio di demenza utilizzando età maggiore all’esordio. Il modello basato sugli eventi, è un modello statistico della progressione di malattia che apprende l’ordinamento delle anomalie osservate da un dataset cross sezionale, senza la necessità di stadi di malattia definiti a priori, rendendolo particolarmente utile, in principio, nella malattia di Parkinson, nella quale questi stati di malattia non esistono in modo significativo. I modello apprende direttamente da dati biomarker, intesi come qualsiasi misura dinamica osservale che possa potenzialmente contenere informazioni sulla malattia.
Il modello elaborato dagli autori stima che gli eventi più precoci nella progressione della malattia di Parkinson in pazienti a elevato rischio di demenza includono misure di problemi comportamentali del sonno REM e disfunzioni olfattive. Questi eventi sono seguiti da cambiamenti precoci nelle performance visive (inclusa la perdita della visione dei colori9 e disfunzioni cognitive. I primi eventi individuabili con la neuroimmagine dono stime QSM di accumulo cerebrale di ferro in regioni frontali e temporali, prima di anomali regionali dello spessore corticale in RM T1 pesata e neurodegenerazione della sostanza bianca nella substantia nigra. I dati e il modello suggeriscono che l’assottigliamento retinico, come l’assottigliamento corticale, è un evento relativamente tardivo. Questi risultati suggeriscono supporto per la concorrente comprensione della progressione della malattia di Parkinson, con precoce perdita dell’olfatto e cambiamenti del sonno REM. In quanto l’obiettivo principale di questo lavoro era produrre un modello in una malattia ben stabilita, tutti i pazienti inclusi presentavano malattia di Parkinson conclamata (piuttosto che uno stato prodromico), per questo sono stati omessi i punteggi UPDRS dal modello. Includerli avrebbe significato osservare la disfunzione motoria come evento più precoce, cosa che potrebbe essere stata in qualche modo fuorviante a livello individuale in quanto studi di popolazione in stadi prodromici di malattia di Parkinson hanno mostrato che cambiamenti dell’olfatto e del sonno sono spesso individuati precedentemente ai cambiamenti motori. Ampie coorti longitudinali che includono fasi prodromiche in casi confermati sarebbero utili peer confermare l’ordinamento di queste caratteristiche premotorie precoci.
Il modello che gli autori hanno prodotto, e quelli che si prefiggono di costruire in futuro, potrebbero provarsi utili nella pratica clinica e fornire informazioni per il disegno di studi futuri. Per esempio, il sottile meccanismo di stadiazione dei pazienti utilizzato in questo studio ha il potenziale di ridurre ulteriormente l’eterogeneità, come dimostrato in altre demenze. Infine, gli autori sono convinti che questi modelli computazionali, come parte di uno sforzo più grande, possano offrire un percorso tangibile verso l’identificazione di terapie disease-modifying nella malattia di Parkinson.

Sequence of clinical and neurodegeneration events in Parkinson’s disease progression

Neil P. Oxtoby, Louise-Ann Leyland, Leon M. Aksman, George E. C. Thomas, Emma L. Bunting, Peter A. Wijeratne, Alexandra L. Young, Angelika Zarkali, Manuela M. X. Tan, Fion D. Bremner, Pearse A. Keane, Huw R. Morris, Anette E. Schrag, Daniel C. Alexander and Rimona S. Weil

https://academic.oup.com/brain/article/144/3/975/6128900

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