IMAGEper l'immagine: CC BY 2.5, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=52874

Un modello in vivo di Caenorhabditis elegans per la ricerca terapeutica nelle malattie prioniche umane

Le malattie prioniche sono dei disordini neurodegenerativi che insorgono in umani e animali. Le caratteristiche neuropatologiche delle encefalopatie spongiformi trasmissibili includono: spongiosi, proliferazione gliale e perdita neuronale. Il solo marker molecolare specifico conosciuto di malattia prionica è la forma anormale dell’isoforma (PrPsc) della proteina prionica (PrPc), che si accumula nell’encefalo dei soggetti infettati e forma particelle prioniche infettive. Nonostante questo agente trasmissibile manchi di componenti di acido nucleico specifiche, numerose varianti prioniche sono state isolate. Sono caratterizzate da differenze in durata della malattia, in pattern di distribuzione di PrPsc e in profilo di lesioni cerebrali allo stadio terminale di malattia.
Questo gruppo di malattie fatali è altamente eterogeneo e include, negli umani, forme infettive, sporadiche e genetiche, tra le quali è stato identificato un numero di varianti prioniche al momento. La malattia di Creutzfeld-Jakob (CJD) familiare dovuta alla mutazione di E200K del gene Prp (PRNP) è la forma più comune di malattia prionica ereditaria. Il fenotipo rassomiglia alla forma sporadica di CJD sia a livello clinico che neuropatologico con una mediana di durata di malattia dal primo sintomo alla morte di 4 mesi.
Alcuni composti anti-prionici, come quinacrina e pentosan polifosfato, hanno mostrato attività terapeutica in vivo e in vitro, ma nessuno si è provato essere effettivo negli umani. Un problema maggiore nella ricerca terapeutica è la variabilità dell’effetto anti-prionico tra le varianti. L’identificazione di farmaci che siano efficaci per i prioni umani è, pertanto, un obiettivo chiave. In aggiunta, i modelli in vivo esistenti delle forme infettive ed ereditarie non permettono approcci high-throughput che possano facilitare la scoperta di composti anti-prionici con bersagli gli assemblamenti patologici umani di PrP o i loro effetti sulla sopravvivenza e funzionalità neuronale. È, pertanto, un prerequisito per stabilire un modello sperimentale in vivo che permetta lo screening di libreria medio grandi di componenti attivi contri i prioni umani. In questo lavoro, è stato generato un modello genetico nel nematode Caenorhabditis elegans, che è privo di qualsiasi omologo di PrP, tramite l’espressione di PrP umana con la mutazione E200K nel sistema neuronale meccano sensitivo. Questo modello ha una stirpe cellulare completamente descritta e network neuronali ben identificati con connettività funzionale precisamente conosciuta per ciascuno dei suoi 302 neuroni. In aggiunta, molti dei geni di C. elegans hanno controparti nell’uomo. C. elegans è sempre di più utilizzato come un modello di screening per identificare nuovi bersagli e componenti terapeutici, tra cui agenti antimicrobici. Gli autori hanno scelto di esprimere PrP in neuroni meccano sensibili del nematode perché la loro disfunzione conduce a fenotipi specifici che possono essere quantificati. Al confronto con le loro controparti che esprimono livelli simili di PrP umana wild-tipe, gli autori hanno osservato che gli animali che esprimono E200K PrP hanno mostrato aggregati di PrP e perdita neuronale in neuroni marcati con proteina verde fluorescente (GFP) e hanno formato la proteasi resistente a PrP. Questo modello fornisce uno strumento unico per valutare, in un modo non a-priori, l’effetto dei composti terapeutici tramite il monitoraggio del numero di neuroni meccano sensibili che esprimono GFP in vermi transgenici che esprimono PrP umana. In primo luogo, gli autori hanno validato questo approccio utilizzando una molecola ben studiata delle malattie prioniche di diretto interesse clinico (doxiciclina) e un’altra che ha mostrato una qualche efficacia in un modello sperimentale di scrapie (astemizolo). In seguito, hanno screenato una libreria di 320 farmaci che sono conosciuti superare la barriera emato-encefalica e sono stati approvati dall’FDA per facilitare, dopo ulteriori passi nella validazione, l’applicazione clinica dei composti più promettenti in una tanto rara, ma devastante malattia.

La doxiciclina si è mostrata capace di legare PrP, per inibire la propagazione dei prioni di CJD in culture cellulari e di prolungare la sopravvivenza di criceti infettati da scrapie. Nella linea di C. elegans PrP E200K, il trattamento con doxiclina ha significativamente ridotto la perdita dei neuroni meccano sensitivi e la formazione di PrPres. Pertanto, questi risultati supportano l’efficacia di doxicilina contro i prioni E200K. Gli autori hanno osservato che il trattamento con doxicilina induce un aumento del volume degli aggregati di PrP nei neuroni PrP E200K. Tuttavia, un clinica trial controllato non ha individuato un effetto significativo di una dose quotidiana di 100 mg di doxiciclina in pazienti con CJD sporadica e genetica. Nel cervello dei pazienti trattati, la doxiciclina ha raggiunto basse concentrazioni micromolari, suggerendo che potrebbe essere efficacie a dosi più alte. L’astemizolo, un antagonista del recettore dell’istamina H1, ha la capacità di inibire la replicazione prionica in colture cellulari e prolunga la durata della vita in topi infettati con il prione Rocky Mountain Laboratory (RML). Anche nella linea di C. elegans PrP E200K, l’astemizolo ha mostrato effetti anti-prionici. In aggiunta, il trattamento con astemizolo ha indotto una diminuzione del numero e della taglia degli aggregati intraneuronali di PrP, in linea con il meccanismo d’azione proposto di prevenzione dell’aggregazione della proteina prionica. Presi insieme, questi risultati, supportano chiaramente la rilevanza di questo approccio genetico nel nematode come modello di malattia prionica nei mammiferi e la sua utilità nella ricerca di nuovi composti anti-prionici.
Per quanto riguarda l’esplorazione di nuovi farmaci, questo è, al momento il primo ampio screening in vivo che fa affidamento su valutazioni funzionali e studi biochimici in un modello di malattia prionica. È, inoltre, da notare che questo studio è stato realizzato in vermi che esprimono PrP umana, neutralizzando il problema correlato alla dipendenza di specie dell’attività anti-prionica.
Tra le 320 molecole testate, sono stati individuati 17 composti che hanno mostrato un effetto neuroprotettivo significativo contro la tossicità indotta dalla presenza di PrP E200K umana. Tutte le 17 molecole selezionate hanno migliorato i risultati del test meccano sensitivo funzionale e contenuto la proporzione di animali paralizzati. Tra i 17 composti, 8 non hanno ridotto il numero o il volume degli aggregati PrP neuronali. Una spiegazione plausibile è che questi 8 composti possiedano solamente proprietà neuroprotettive in questo modello senza influenzare l’aggregazione della proteina mutante. 9 molecole hanno diminuito il numero e/o il volume delle inclusioni intraneuronali di PrP nella linea PrP E200K. Tra queste, 5 hanno indotto una notevole diminuzione nell’accumulo di PrPes. I 5 candidati appartengono a 4 classi farmaceutiche: (i) antistaminici (cinnarizina); (ii) anti-infiammatori (tenoxicam e indoprofene); (iii) anestetici (butamben) e antagonisti oppioidi (naloxone idrocloride).
Nonostante in questo lavoro venga espressa una proteina prionica umana, non è possibile escludere che cofattori specie-specifici coinvolti nell’aggregazione e nella tossicità della proteina prionica non siano presenti in questo modello. Questo potrebbe pregiudicare l’identificazione di nuovi composti che abbiano come bersaglio questi cofattori nell’umano. Inoltre, se i composti identificati non agiscono direttamente sulla proteina prionica, i loro targets molecolari in C. elegans non necessariamente potrebbero avere una controparte negli umani. Tuttavia, sono state studiate molecole che superano la barriera emato-encefalica nell’uomo con farmacocinetica nota. I meccanismi coinvolti nell’effetto anti-prionico delle molecole identificate nella linea PrP E200K rimangono da essere definiti.
In conclusione, questo modello rompe la limitazione tecnologica della ricerca terapeutica in campo prionico e fornisce uno strumento chiave per lo studio degli effetti deleteri della proteina prionica misfolded.

An in vivo Caenorhabditis elegans model for therapeutic research in human prion diseases

Nicolas Bizat, Valeria Parrales, Sofian Laoues, Se´ bastien Normant, Etienne Levavasseur, Julian Roussel, Nicolas Privat, Alexianne Gougerot, Philippe Ravassard, Patrice Beaudry, Jean-Philippe Brandel, Jean-Louis Laplanche and Ste´phane Haı¨k

https://academic.oup.com/brain/article-abstract/144/9/2745/6408780?redirectedFrom=fulltext

Top