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Associazione tra anomalie circadiane in adulti anziani con aumentato rischio di sviluppo di malattia di Parkinson

La malattia di Parkinson è un disordine neurologico che presenta uno tra i più alti aumenti di incidenza, caratterizzata da morte precoce di neuroni dopaminergici nel contesto della substantia nigra. Importante, la patologia della malattia di Parkinson coinvolge sistemi di neurotrasmissione più estesi, molto al di fuori dei gangli della base e avviene anni o decadi prima della morte neuronale dopaminergica. I multipli gruppi neuronali e aree colpite dalla patologia della malattia di Parkinson, quali neuroni colinergici, serotoninergici e noradrenergici nel tronco encefalico e neuroni orexinergici nell’ipotalamo posterolaterale, giocano un ruolo cruciale nello sviluppo dei disordini sonno-veglia, il più comune sintomo non motorio in pazienti affetti da malattia di Parkinson.
Da notare, molto meno si conosce riguardo l’associazione tra malattia di Parkinson e ritmi circadiani, i regolatori chiave dei cicli sonno-veglia. I ritmi circadiani si modificano con l’invecchiamento, come diminuita ampiezza e robustezza, alta frammentazione e avanzamento del ritmo circadiano, che possono ulteriormente accelerare il processo di invecchiamento. In accordo con i cambiamenti patologici del sonno e delle aree che promuovono il sonno nelle fasi precoci della malattia di Parkinson, i disordini circadiani tra i pazienti affetti da malattia di Parkinson sono spesso molto più severi rispetto a adulti anziani sani e possono insorgere in stadi molto precoci di malattia. Tuttavia, non è conosciuto se le anomalie circadiane possano precedere lo sviluppo della malattia di Parkinson.
Evidenza in evoluzione indica che pisolini diurni e disordini del sonno notturni, inclusi insonnia e disturbi comportamentali del sonno REM, potrebbero essere caratteristiche prodromiche della malattia di Parkinson. In quanto il sonno notturno e i pisolini diurni sono entrambi regolati in parte dai ritmi circadiani, è plausibile che le disfunzioni circadiane siano un sintomo prodromico o un fattore di rischio per la malattia di Parkinson e possano essere direttamente coinvolti nello sviluppo della malattia. Nessuno studio, al momento, ha esaminato l’associazione tra la ritmicità nelle 24ore dell’attività di riposo e il conseguente rischio malattia di Parkinson in adulti anziani. Comprendere se la disfunzione circadiana sia un sintomo prodromico della malattia di Parkinson, indipendentemente dai disturbi del sonno potrebbe avere implicazioni per l’individuazione precoce della malattia di Parkinson e la sua gestione. In questo ampio studio prospettico di coorte in una popolazione di adulti anziani, gli autori di sono proposti di determinare l’associazione tra i ritmi di riposo-attività (RAR) valutati oggettivamente tramite actigrafia del polso e il rischio di sviluppare malattia di Parkinson durante un periodo di follow-up di 11 anni e di esplorare se questa associazione sia indipendente dai disturbi del sonno.

Tra i 2.930 uomini inclusi nell’analisi (età media 76,3 anni), 78 (2,7%) hanno sviluppato la malattia di Parkinson durante gli 11 anni di follow-up. Dopo aver considerato tutte le covarianti, il rischio di malattia di Parkinson è risultato essere aumentato con la diminuzione dell’ampiezza dei ritmi circadiani, media del livello di attività e robustezza. I soggetti nel quartile inferiore per ampiezza, media del livello di attività o robustezza avevano approssimativamente 3 volte maggiore il rischio di sviluppare malattia di Parkinson, al confronto con i soggetti nei quartili superiori. L’associazione si è mantenuta anche dopo ulteriori aggiustamenti per disturbi del sonno notturni e durata.

Lavori precedenti suggerivano che i pazienti con malattia di Parkinson tendono ad avere più bassa ampiezza dei ritmi circadiani, ma non cambiamenti maggiori nelle fasi circadiane e che queste anomali avvengono in fasi precoci del processo di malattia. Evidenze recenti suggeriscono un’associazione tra bassa qualità del sonno e aumentato rischio di sviluppo di malattia di Parkinson, in particolare nei primi 2 anni di follow-up, che si attenua in periodi di tempo più lunghi. Per determinare se le anomalie dei ritmi circadiani precedano lo sviluppo della malattia di Parkinson, gli autori hanno escluso tutti i casi che presentavano malattia di Parkinson alla baseline e in analisi secondarie hanno introdotto un time lag di 2 anni. Nonostante l’associazione fosse in qualche modo attenuata nelle analisi secondarie, il rischio di sviluppare malattia di Parkinson era comunque più del doppio nel quartile più basso rispetto al quartile più alto dei parametri RAR. Questo indica che l’indebolimento della ritmicità circadiana, piuttosto che cambiamenti temporali dell’attività circadiana possa essere una caratteristica prodromica della malattia di Parkinson.
Durante l’ultima decade, i disturbi del sonno-veglia (disturbi comportamentali del sonno REM e disturbi del movimento correlati al sonno) sono stati sempre più riconosciuti come prodromi della malattia di Parkinson. Da notare, il disturbo comportamentale del sonno REM è relativamente raro ed è difficile effettuare screening nella popolazione generale. Al contrario, le disfunzioni circadiane possono essere facilmente individuate come eccessivi pisoli diurni, ridotta attività diurna, aumento della frammentazione del sonno notturno. Inoltre, l’associazione tra le disfunzioni circadiana e la malattia di Parkinson è rimasta robusta anche dopo aver tenuto in conto altri indici del sonno, come efficienza del sonno, apnee del sonno e movimenti periodici degli arti nel sonno. Queste evidenze suggeriscono che il ruolo della disfunzione circadiana sia un marker precoce della malattia di Parkinson indipendente dai tradizionali indici del sonno.
Importante, gli autori non possono escludere la possibilità che la disfunzione circadiana da sola sia un fattore di rischio per la malattia di Parkinson. Per esempio, i disturbi del sonno-veglia sono stati associati con aumentati livelli di α-sinucleina e malattia di Parkinson all’autopsia. Tuttavia, in questo studio, l’associazione tra RAR e il rischio di malattia di Parkinson era indipendente dai disturbi del sonno. Inoltre, studi in modelli murini hanno suggerito che la delezione di geni regolatori del ritmo circadiano possa causare una neuropatologia degenerativa senza colpire i ritmi sonno-veglia. Pertanto, i disturbi del sonno-veglia da soli con poca probabilità possono spiegare il collegamento tra disturbi circadiani e sviluppo della malattia di Parkinson. La disfunzione circadiane potrebbe condurre alla malattia di Parkinson attraverso la deregolazione dell’omeostasi immune e proteica cerebrale o tramite l’aumento dello stress ossidativo. Studi futuri si rendono necessari per identificare più specifici meccanismi biologici che collegano la disfunzione dei ritmi circadiani e la malattia di Parkinson.

In conclusione, gli autori hanno individuato per la prima volta una robusta associazione tra l’indebolimento dell’attività circadiana e l’aumentato rischio di sviluppo della malattia di Parkinson in un periodo di follow-up di 11 anni in una popolazione di adulti anziani maschi. Questi risultati suggeriscono che la riduzione dell’ampiezza e/o della robustezza dei ritmi piuttosto che un disturbo della tempistica siano più indicativi di un conseguente rischio di sviluppo di malattia di Parkinson, indipendentemente dai disturbi del sonno notturno. Marker della ritmicità circadiana potrebbero essere utili come una caratteristica prodromica nell’aiuto dell’individuazione precoce della malattia di Parkinson. Studi ulteriori si rendono necessari per esplorare I meccanismi sottostanti e per determinare se le disfunzioni circadiane di per sé possano contribuire allo sviluppo della malattia di Parkinson. Se venissero confermate quale fattore di rischio, la ritmicità circadiana potrebbe essere un promettente bersaglio per interventi terapeutici e potrebbe aprire nuove opportunità per la prevenzione e la gestione della malattia di Parkinson.

Association of Circadian Abnormalities in Older Adults With an Increased Risk of Developing Parkinson Disease

Yue Leng, MD, PhD; Terri Blackwell, MA; Peggy M. Cawthon, PhD; Sonia Ancoli-Israel, PhD; Katie L. Stone, PhD; Kristine Yaffe, MD

https://jamanetwork.com/journals/jamaneurology/article-abstract/2767087

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