Notte di Lacrime e preghiere

Roberto è appoggiato alla credenza e sta filosofeggiando con il suo solito contegno, con l’espressione di chi prende le cose sempre troppo sul serio; Federica sfoglia il manuale di letteratura, ansiosa come sempre; Francesco su un giornale ha letto che il 2003 è l’anno dell’acqua, io con lo stelo di un filo d’erba faccio impazzire il gatto, Mario si lamenta per il caldo, esattamente come si lamenta di tutto. Siamo a casa mia.

Fuori c’è il giugno del 2003. Uno dei giugni più caldi “degli ultimi trent’anni”. E’ il giorno prima della prima prova scritta della maturità. Il nostro esame di maturità.
Sono almeno dieci giorni che passiamo il tempo a congetturare anziché studiare.
Le nostre giornate sono un via vai di gente che entra ed esce da casa, che viene, si consola, si lamenta, congettura, si fa prendere dall’ansia. Facciamo teorie sulla prima prova, sull’autore della versione di latino del secondo giorno. Usciamo, andiamo a prendere gelati, caffè, a fare giri in macchina “per riposare”…ma di studiare non ne abbiamo mai avuto davvero l’intenzione. L’ansia, l’eccitazione, la bellezza di essere inconsapevoli sull’orlo di un grande cambiamento, il più grande forse della nostra vita. La fine della scuola. Come si fa a studiare in quei momenti? Impossibile.Alla fine decidiamo di uscire. Ci sediamo in piazzetta; a turno i compagni ci chiedono dove siamo. A turno ci vengono a trovare, si siedono con noi per terra, assieme ai libri che abbiamo portato per rappresentanza. Non sappiamo forse bene neanche noi cosa significa respirare questa calda sera d’inizio estate. Ma la sensazione di condividerla seduti per terra, sconsolati e ansiosi, è nuova e dolcissima.
Negli anni a venire ho avuto la tentazione, spessissimo, di decodificare le mie difficoltà adolescenziali alla luce dei miei problemi scoperti successivamente. E che chiariscono molti aspetti di me. E, in qualche modo, me ne liberano. Ma per quanto sia liberatorio riguardarsi e rielaborarsi nel tempo, alla luce di consapevolezze che si guadagnano negli anni e che ti aiutano a capire meglio delle cose, a volte è bello decontestualizzare, riguardarsi come ad una fotografia e vedersi semplicemente per quello che si é stati, senza troppe pippe mentali. E la verità è che una volta tanto, in quella maturità, sono stata un’adolescente come tante: disadattata, ok. Ma in compagnia del disagio di tanti miei compagni che per la prima volta ho sentito davvero simili a me. E questo è stato il vero dono di quella mia notte di lacrime e preghiere. Rendermi più simile, una volta tanto, agli altri. Una volta tanto mi sono sentita semplicemente una con gli stessi problemi di tanti altri.Ed è stato bellissimo.

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