Nutrizione e Alzheimer

Il morbo di Alzheimer (AD) è una patologia neurodegenerativa che rappresenta la principale causa di demenza nel mondo. Particolare attenzione deve essere posta a tutti i fattori di rischio implicati. In particolare la funzionalità cognitiva e l’attività fisica sono state associate ad un ridotto rischio di insorgenza dell’Alzheimer, mentre il diabete, il fumo e la depressione ad un suo aumento. Negli ultimi anni, vi sono sempre più prove a sostegno del ruolo chiave della nutrizione in questa patologia, infatti fattori alimentari come antiossidanti, vitamine, polifenoli, e il pesce azzurro sono stati correlati alla riduzione del rischio di AD, mentre gli acidi grassi saturi, un elevato apporto calorico e il consumo eccessivo di alcol sono stati identificati come fattori di rischio.

Pertanto molti nutrienti, come gli antiossidanti, le vitamine, i grassi, e i carboidrati, possono influenzare il rischio di AD. Anche se i meccanismi di questi nutrienti non sono chiari, riducendo lo stress ossidativo rallenterebbero il processo alla base dell’evoluzione dell’Alzheimer. La vitamina A e il 𝛽-carotene potrebbero essere molecole chiave per la prevenzione e la terapia dell’Alzheimer grazie alla loro capacità di inibire la formazione degli oligomeri e fibrille del peptide 𝛽-amiloide che sembrerebbe giocare un ruolo chiave nel processo alla base dell’evoluzione dell’AD. Ad avvalorare questa ipotesi, si è osservato che basse concentrazioni di vitamina A e 𝛽-carotene sono state rilevate nel siero e nel plasma di pazienti affetti da AD. Inoltre alcuni studi hanno messo in evidenza come più alte concentrazioni di 𝛽-carotene nel plasma siano state associate a migliori prestazioni mnemoniche. Anche la vitamina E, sostanza antiossidante liposolubile, conferirebbe neuro-protezione inibendo lo stress ossidativo. L’assunzione di 𝛼 e 𝛾-tocoferolo è stata associata ad un più lento declino cognitivo. Attualmente però, non esistono prove affidabili sull’efficacia della vitamina E nella prevenzione o nel trattamento delle persone con AD, pertanto sono necessarie ulteriori indagini cliniche.

Le conoscenze attuali non forniscono alcuna prova di un ruolo essenziale del selenio (Se) nel trattamento dell’AD ma potrebbe avere un ruolo preventivo. È stato infatti osservato che il selenio svolge un ruolo antiossidante importante e che i pazienti affetti da Alzheimer mostrano un livello di Se inferiore nel plasma, negli eritrociti e nelle unghie rispetto ai pazienti sani. Inoltre diverse sperimentazioni cliniche hanno dimostrato che gli integratori contenenti selenio migliorano lo stato cognitivo.

Importante sottolineare che i polifenoli sono degli antiossidanti naturali che forniscono effetti protettivi nei confronti dell’AD attraverso una serie di azioni biologiche, come l’interazione con i metalli di transizione, l’inattivazione dei radicali liberi, l’inibizione della risposta infiammatoria, la modulazione dell’attività dei diversi enzimi ed effetti sulle vie di segnalazione intracellulare e sull’espressione genica. I dati pervenuti da uno studio clinico doppio cieco randomizzato controllato hanno evidenziato come l’assunzione di un’integrazione di polifenoli in circa 100 soggetti con AD ridurrebbe la concentrazione di omocisteina nei pazienti affetti. Infatti elevate concentrazioni di omocisteina sono state associate ad un aumento del rischio di AD, tale molecola è stata anche rilevata in concentrazioni elevate nei pazienti che ne sono affetti.

Un ruolo non secondario potrebbero avere le vitamine del gruppo B in quanto contribuirebbero all’abbassamento delle concentrazioni di omocisteina. Tra tutte le vitamine del gruppo B si è visto che la vitamina B6, B12 e l’acido folico avrebbero una particolare capacità di ridurre l’omocisteina nel plasma di pazienti con Alzheimer. Un’integrazione di questo tipo potrebbe essere una strategia terapeutica efficace.

Importante ricordare che non ci nutriamo di singoli nutrienti ma di alimenti consumati come parte di una dieta; l’esame del ruolo dei singoli nutrienti è complicato e difficile a causa dell’interazione tra di essi. Pertanto, esaminare gli alimenti piuttosto che singoli nutrienti potrebbe essere più utile, e molti alimenti e bevande sono stati correlati al rischio di insorgenza di AD.

Un esempio è il pesce azzurro il cui consumo è stato associato ad una riduzione del rischio di demenza ed Alzheimer. Tale effetto trova spiegazione nel fatto che il pesce è ricco in acidi grassi a lunga catena della serie omega-3, in EPA e DHA.

Anche il consumo frequente di frutta e verdura potrebbe avere lo stesso effetto essendo alimenti ricchi in antiossidanti e composti bioattivi (vitamina E, C, carotenoidi e flavonoidi).

Un basso consumo di latte e latticini è stato invece correlato con una riduzione delle capacità cognitive. I latticini sono infatti ricchi in vitamina D, fosforo e magnesio, tutte componenti che possono ridurre il rischio di alterazioni vascolari e cambiamenti strutturali del cervello che si verificano con il declino cognitivo.

Studi osservazionali suggeriscono che bere tè è associato a un minore rischio di deterioramento e declino cognitivo, l’effetto protettivo non è limitato ad un particolare tipo di tè. Il beneficio dal punto di vista neurologico potrebbe essere dovuto a catechine, L-teanina, polifenoli e altri composti presenti nelle foglie di tè.

Dott.ssa Giulia Massini

Ha collaborato con l'Ospedale infantile Regina Margherita presso l'ambulatorio dislipidemie e prevenzione cardiovascolare e segue progetti di intervento diagnostico terapeutico nella diagnosi precoce di iperlipemia aterogena in età pediatrica nel territorio piemontese.

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