Una carezza che ti salva la vita

Mi chiamo Giulia, ho 26 anni e, ahimè, sono una paziente oncologica.
La mia storia inizia nella fine di luglio del 2020, in un’estate già strana: le mascherine, il Covid-19, le mascherine, le restrizioni.
Vivo con mia madre in un paesino in provincia di Torino e sono fidanzata con un ragazzo che si chiama Andrea: stiamo insieme da un anno e sette mesi.
Lui si è appena laureato in Medicina; io, invece, studio Scienze della Formazione primaria.
Nei pomeriggi svogliati e caldi dell’estate facciamo il riposino pomeridiano. Ed è in uno di quei pomeriggi che, sfiorandomi con una carezza amorevole, il mio fidanzato si accorge di qualcosa che non va. “Che cos’hai qui?” Mi chiede con serietà? Io ci rido su: “Cos’ho qui?? Nulla!”
Al tatto si palpa un nodulo al seno.
Lui non si allarma, ma mi fa promettere di fare un controllo il prima possibile.
Così faccio.
È estate, c’è il Coronavirus, io sono giovanissima.
È tutto più lento, tutto più difficile.
Ed io che sono lontanissima dall’età della prevenzione, qualche volta sorprendo il personale medico per la mia premura di approfondire. Sono tutti gentilissimi e scrupolosi con me, ma sono sempre tutti un po’ meravigliati.
I miei 26 anni sono una garanzia di salute, o almeno dovrebbero esserlo. Desta sempre stupore il fatto che in piena estate io abbia tanta fretta di fare questi accertamenti.
– Sei giovanissima, sicura di dover fare questa mammografia?
Il medico, prima di farmi l’esame al seno, concretizza così quello che credo sia stato un po’ il pensiero generale.
Che si zittisce. Aggrotta la testa impensierito. Mugugna.
La sua espressione seria conferma il mio timore. Il risultato della biopsia conferma tutto.
Taglia la testa al toro, in qualche modo. Ho un carcinoma.
Fino al 27 ottobre, il giorno dell’operazione, è tutto un tran-tran. Di pensieri, di cose da fare, di preoccupazioni.
Pensavo che fosse concludere gli esami all’università il problema più grosso alla mia età.
Non come dire a mia madre che ho il cancro. Non come affrontare l’operazione.
Non pensare a cosa farò, quali cure farò, quali effetti collaterali affronterò dopo l’operazione.
Il mio futuro si è un po’ complicato adesso: tante cure, tante visite, tanti medici.
Il pensiero di morire mi sfiora appena, come il vento in primavera.
Ho un sacco di cose da fare, ancora, nella mia vita! Per la morte c’è ancora tanto tempo.
Ce la farò, mi dico.
E la mia giovane età mi dà anche energia vitale, forza, coraggio.
Quando esco dall’ospedale piango. Scoppio in lacrime.
È finita, mi dico. Mi sento libera.
Mi sento come se avessi dato l’esame più grosso della mia vita. Come se avessi dato, in un solo giorno, tutti gli esami previsti dal mio corso di Laurea.
È fatta.
Dopo la radioterapia, dopo tutti gli effetti collaterali, dopo tutte le volte in cui mi sono sentita gonfia e rossa, ripenso a tutto.
Come un film, ripenso al walzer di esami, di medici, di studi specialistici che si sono succeduti in un momento della vita che mai mi sarei aspettata. Ma forse, queste cose, non te le aspetti mai.
Una donna non si aspetta mai di dover lottare contro un tumore, né a 26 anni, né a 50.
Ripenso a tutte le volte che mi sono seduta in sala d’aspetto; ai volti di tutti i miei interlocutori; a tutte le domande a cui ho dovuto rispondere, a tutte quelle che ho fatto.
A tutte le volte che mi sono spogliata, rivestita.
Ma tutte le volte, uscita piena di dubbi e paure dai vari studi specialistici, ho trovato Andrea seduto lì ad aspettarmi. Ad abbracciarmi non solo con le braccia, ma anche con il pensiero, le parole, un sorriso confortante. Ad accarezzarmi amorevolmente, con la stessa carezza che mi aveva salvata e continuava a salvarmi, in tutti i modi.
È stato l’intervento il momento più difficile. Perché ho dovuto affrontare tutto da sola per via del Covid.
Come sarebbe stato avere il mio fidanzato al risveglio, in ospedale, dopo l’operazione? Quanto sarebbe stata differente tutto se avessi visto il viso di mia madre prima di addormentarmi?
Il loro calore mi è mancato, in tutta questa esperienza.
Ma io mi sono scoperta forte e tosta.
La vita è imprevedibile, e quando pensi che il peggio sia passato, altri imprevisti con i quali non pensi ancora di dover fare i conti bussano con prepotenza alla porta della tua vita.
Il 16 novembre, all’ora di pranzo, un appuntato dei carabinieri mi avverte per telefono che mio papà ha avuto un malore ed è stato portato via in elisoccorso.
Dopo svariate telefonate per trovare l’ospedale, quando finalmente riesco a mettermi in contatto con i medici che lo hanno preso in carico, mi dicono che la situazione è grave, e che mi aggiorneranno. Alle 23.00 del medesimo giorno, il telefono squilla nuovamente. Sullo schermo leggo che il numero che mi sta chiamando è di Torino. Rispondo, ma ho già capito. “Il cuore non ha retto, è mancato”. Così i dottori mi sbattono in faccia questa altra dura realtà.
Sì, la vita è tosta, e allora ti trovi costretto a fare appello a tutte le tue forze per cercare un senso a quanto ti sta succedendo.
Io sono un capo scout, e un punto della Legge (che insieme alla Promessa costituiscono il nostro credo) recita “Gli scout sorridono e cantano anche nelle difficoltà”, e questo credo che per tanti anni ho sostenuto è stato un qualcosa al quale mi sono aggrappata per ritrovare la serenità. Sono riuscita a trovare un lato positivo in tutto ciò che mi è successo, anche laddove di positivo pareva non esserci proprio nulla.
Grazie al sostegno del mio ragazzo, al suo amore incondizionato per me, alla sua presenza costante in ogni fase del mio percorso, grazie al mio credo derivato dal mio essere scout e grazie alla Fede, che non mi ha mai abbandonata, sono riuscita a ritrovare un certo equilibrio interiore: avere la consapevolezza che, come diceva Manzoni “Dio non turba mai la gioia dei suoi figli, se non per prepararne loro una più certa e più grande” mi ha sempre tenuto compagnia.
Mi ha fatto da miele per il cuore.
Mi ha donato la Speranza che tutto sarebbe andato per il meglio.
E così è stato.
Siamo a marzo. Farò una terapia ormonale per i prossimi cinque anni, il percorso sarà sicuramente ancora tosto, impegnativo e lungo, ma io e Andrea pensiamo alla nostra vita insieme e io alla mia Laurea.
Il futuro mi riserva ancora il meglio.
Ed io ho tutta l’intenzione, la forza, la grinta e l’entusiasmo per prendermelo.

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