Essere “Insuperabili”

Con molto piacere oggi vorrei presentarvi Fabio Barile, capitano della Selezione Insuperabili, nonché atleta della Prima Squadra dell’Academy torinese.
L’esperienza nell’accademia calcistica gli ha permesso di entrare a far parte di una grande famiglia e di guardare al mondo del calcio con occhi diversi.

Come e quando hai scoperto il progetto di “Insuperabili”?

Ho scoperto il progetto di “Insuperabili” nel 2016, grazie ad un mio compagno di squadra di Torino. Conoscendolo da un po’ di tempo, un giorno, mentre eravamo alla fermata del pullman, mi ha chiesto se soffrissi di qualche problema di salute. Subito, su due piedi, sono rimasto spiazzato.
Poi mi ha spiegato bene in cosa consistesse il progetto di “Insuperabili”. Io avendo avuto e soffrendo ancora, in quel periodo, di problemi di bulimia, ho realizzato che mi sarebbe interessato capire come funzionasse il progetto, anche se inizialmente non ne ero del tutto convinto.
Sono stato invitato da “Insuperabili”, ho avuto modo di vedere il loro mondo ed ho fatto anche le prime partite con loro. Da lì ho proprio capito che era un qualcosa di nuovo che però mi interessava tantissimo.
E poi è stata tutta una escalation di emozioni e sensazioni che mi hanno portato a decidere di rimanere nell’accademia calcistica.

Com’ è stato il primo allenamento con la squadra di “Insuperabili”?

La prima cosa che direi è che è stato strano, sicuramente.
Ma strano perché io venivo da un altro mondo, la serie D. Purtroppo, per la malattia che ho avuto, siccome oltre alla bulimia ci sono state anche delle complicazioni, sono uscito da quel mondo ed avevo smesso di giocare per un po’ di tempo.
Quindi sicuramente è stato strano, perché mi sono trovato catapultato in un’ altra dimensione, con un ritmo diverso. Allo stesso tempo, però, è stato bello perché ho trovato un entusiasmo che dall’altra parta non c’era.

In che ruolo giochi?

I miei due ruoli, nei quali ho ho sempre giocato, sono difensore centrale e mediano di difesa.

Che rapporto hai con i tuoi compagni?

Io faccio parte sia della Prima Squadra dell’Academy di Torino che della Selezione Insuperabili, la rappresentativa nazionale.
Quindi nel rapporto con i miei compagni c’è da fare una differenza, perché la squadra di Torino e la Selezione sono due mondi diversi.
Nella prima siamo tutti insieme, siamo sicuramente un gruppo molto affiatato, però, è anche vero che nella Selezione ho trovato delle persone con delle caratteristiche, non solo fisiche, ma anche caratteriali, molto simili alle mie. Quindi è nato un rapporto diverso.
E’ comunque un rapporto molto bello ed intenso in entrambe.

Vuoi raccontarci  un ricordo significativo della tua esperienza?

Ne avrei tanti.Sicuramente il primo giorno di allenamento.
Poi la trasferta a Mantova, in cui abbiamo vinto il torneo, ma anche la prima volta in cui ho conosciuto la squadra della Selezione.
Due delle emozioni più grandi sono state poi la vittoria a Coverciano e il gol alla Juve.
Credo siano questi i ricordi più importanti.

Ti ha cambiato entrare a fare parte di “Insuperabili”?

Sì, molto. E’ un progetto che diventa uno stile di vita.
Poi con il tempo questo progetto è cresciuto, come le persone che ne fanno parte e di riflesso noi, ed è cambiato completamente tutto.

E per quanto riguarda le relazioni fuori dal campo?

Sicuramente, lo dico sempre, ho trovato in un compagno di squadra il mio migliore amico (Omar Hanafi).
Io vengo comunque da un percorso in cui sono stato vittima di bullismo. Ho vissuto in un mondo calcistico diverso, e poi essere arrivato in serie D sicuramente mi ha portato a chiudermi e a puntare su alcune cose. Anche il rapporto con i miei coetanei non è stato sempre buono.
Entrare a far parte di “Insuperabili” inizialmente non è stato semplice perché il mio pensiero era sempre quello che io provenivo da un mondo diverso e, di conseguenza, non sapevo come comportarmi con i miei compagni di squadra.
Poi però questo pensiero è cambiato totalmente perché ho capito che non c’è nessuna differenza. Forse qualcuno dall’esterno lo può pensare, ma credo che questo mondo arricchisca perché offre delle nuove prospettive, con cui si può guardare ciò che prima fuori poteva sfuggire.

Perché altri ragazzi dovrebbero iniziare a fare parte di “Insuperabili”?

Perché penso che la fortuna che ho avuto io possa e debba toccare anche ad altre persone, specialmente coloro che possono avere problemi nell’inserirsi nella società di oggi.
Quello che ci tengo a dire è che sarebbe bello se molte persone potessero conoscere questo mondo e potessero anche farne parte.
Molte volte, e questo purtroppo viene anche dal di fuori, noi siamo “Insuperabili”. Però prima di essere “Insuperabili” noi siamo una scuola calcio disabili, e la parola disabili purtroppo dà sempre una concezione diversa di quello che è però questo mondo. Per questo secondo me le persone dovrebbero essere sensibilizzate su questo, semplicemente perché è veramente qualcosa che consente di vedere le cose in modo diverso.
Io, come ho già detto, ho trovato non solo una squadra ma delle amicizie, una famiglia.
Sono diventato capitano però allo stesso tempo credo sia la cosa più pesante che ho in questo momento. Sono stato anche altre volte capitano, però veramente esserlo in questa squadra ha un valore differente, così come essere difensore ad “Insuperabili” è esserlo differentemente da come lo si è in un’ altra squadra. E questo non perché sia più difficile o più facile, ma perché si è veramente parte di una famiglia allargata.
Quando noi della Selezione scendiamo in campo siamo in 11, ma in realtà scendiamo in campo in 720, 800, 1000,…, che sono le famiglie, le altre persone che stanno dietro a noi, i collaboratori . Lo facciamo con entusiasmo proprio perché credo sia una cosa che ti cambia la vita e quindi spero che anche altre persone possano anche solo conoscere questo mondo e capire quello che è.

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