L’accettazione di noi stessi

Su e giù.
Alti e bassi.
L’altalena degli umori e dei sentimenti contrastanti non si ferma mai.
Amore, odio. Gioia, tristezza.

Il giorno prima sei contento di te, cammini dieci centimetri sopra il praticello che stai calpestando, il giorno dopo sprofondi in una visione nera e oscura di te stessa, che ti chiedi: ma ieri, chi era lo spacciatore?

C’è sempre qualcuno a farci sentire fuori posto; c’è sempre qualcosa che non ci fa sentire all’altezza.
Un nonnulla basta a spostarci dalla gentile visione che abbiamo su di noi.
Siamo sempre pronti a misurarci, ad uscirne perdenti da una gara che corriamo per quasi tutta l’esistenza pensando di gareggiare chissà con chi, per poi accorgerci al traguardo che la corsa era solo con noi stessi.
Non vi è altro rivale che il nostro stesso severo giudizio.
E la vera strada che porta alla serenità passa dalla serena accettazione di quello che siamo, dalla poppa alla prua della nave.

E, a quel punto, cambiare, se proprio vogliamo, i bachi del sistema. Ma solo se lo facciamo per noi stessi.
C’è un aforisma che mi piace molto che dice: “esiste un curioso paradosso. Quando mi accetto così come sono, posso cambiare”.

E va bene. Ma non s’era detto l’altro giorno che avevamo capito come eravamo fatti e che, tuttavia, ci andava bene?
Evidentemente stavamo parlando della persona sbagliata.
Si ricomincia.

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