La Sticazzi Philosophy.

Il post di oggi è dedicato alle fasi di crescita, di cambiamento, di evoluzione.
A quei momenti della vita in cui ci rendiamo conto che dobbiamo necessariamente cambiare qualcosa di noi, nel nostro modo di fare, negli strumenti che ahi noi, sono diventati desueti per la strada che ci aspetta d’ora in poi.
A quelle fasi della nostra esistenza in cui iniziamo ad avere il sentore che qualcosa non vada; che c’è qualcosa in noi che deve necessariamente cambiare.
A quel momento in cui realizziamo quanto fosse sbagliata la percezione che avevamo provato nel pensare anche solo di aver capito come funziona il gioco, di avere in mano le redini della situazione o di essere addirittura capace di affrontare dignitosamente le difficoltà della vita!
E dobbiamo ricominciare da capo. Senza passare dal via.
In altri tempi sarei passata ottimisticamente alla fase in cui avrei incoraggiato i lettori a scalare la montagna con atteggiamento positivo per godere la bellezza del panorama e la soddisfazione di guardare le cose dall’alto dopo tanto sforzo; ma oggi sono qui a soffermarmi su quanto facciano male le gambe durante la salita, durante quei quattro gradini infiniti che sembrano troppo alti, troppo ripidi, troppo duri, perché la fatica è tanta, la cima è ancora troppo lontana e ad un certo punto viene pure il sospetto di aver preso la strada sbagliata.

Succedono quei momenti in cui diventa necessaria la capriola evolutiva.
Devi diventare una versione di te ancora diversa, ancora migliore, ancora più forte.
Quando è che finisce sta corsa?
Quando ci si può sedere soddisfatti alla poltrona della propria esistenza, vicino al camino e con un gatto sulle gambe, pensando: “sono contento di me! Ce l’ho fatta!” ?
Arriverà mai quel momento in cui scompare il senso di disagio e inadeguatezza, verso qualcuno o qualcosa che sembra sempre troppo grande per noi, per pensare “ho tutto sotto controllo! Ce la posso fare!!”?

La vita si sbroglia ai nostri occhi piena di ostacoli da affrontare, di esami da superare; e quasi sempre sentiamo di non essere abbastanza. Abbastanza pronti, abbastanza perfetti, abbastanza in grado di. C’è sempre qualche elemento che sfugge, come l’acqua fra le dita. Inafferrabile. Irrefrenabile.

Molto poco poeticamente, posso dirvi che tempo fa qualcuno di molto speciale mi ha insegnato una cosa molto illuminante.
La “Sticazzi Philosophy”.
È curioso che questa filosofia me l’abbia insegnata proprio la persona che più di ogni altra non mi dà tregua, mi spinge di continuo, come il ronzio del frigorifero in cucina, a fare il passettino verso la versione migliore di me stessa; mi si para davanti, inesorabile e puntuale, ogni volta che tento di nascondermi, mi scova dal remoto e buio recesso nel quale mi sono riparata, mi sorride beffardo e mi mette all’angolo.
Proprio lui che mai, alla fine, è contento di quello che faccio, come lo faccio, alla fine mi disarma con “Ah Nati, e sti cazzi?”.

Credo che l’essenza del suo messaggio e della sua faccia da schiaffi mentre lo dice, stia tutta nell’invito a non prendersi troppo sul serio e a non prendere tutto troppo sul serio.
Perché, dopo tutto, c’è sempre un limite oltre al quale, pur crescendo, non dobbiamo portarci. Che ci spinge a migliorare si, ma ci ricorda di accettarci pur sempre nella nostra continua imperfezione, nella nostra incolmabile incompiutezza, nella nostra umanissima fallibilità. Di volerci bene. Di guardarci con occhi amorevoli mentre goffi e impacciati ricominciamo, per l’ennesima volta, ad andare in bicicletta senza rotelle. E impariamo, nuovamente, ad accettare il rischio di cadere e di farci male.

Alzati ogni giorno, metti il piede fuori dal letto, sii migliore del giorno prima.
Hai la fortuna di essere perfettibile, non perfetto.
Hai la possibilità di concederti altri, nuovi e molteplici errori, forse anche più belli.
Cambia, muta, come la natura ad ogni stagione.
Abbi il coraggio di te stesso, della combinazione di qualità e difetti che solo tu puoi offrire al mondo in questo modo, perché sei unico e irripetibile.
Affronta tutto con benevolenza verso te stesso e con un sorriso, se riesci, verso il mondo.
Ma, ricordati sempre, che alla fine Sticazzi, tu sei tu, e va bene così.
Mica Dio.
“Che pure lui” – come dice sempre mio padre – “per fare il mondo ci ha messo sette giorni”.

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *