Alla colleganza

“Essere famiglia..
Imparare ad essere un accordo, più che ad essere d’accordo.
Perché è così bello essere parte dell’accordo…divenendo l’accordo stesso” (Ezio Bosso).

Alla mia colleganza,
al filo doppio e invisibile che mi lega a loro.
Ai sorrisi, alle battute, alla fretta, agli errori, alle sfide che mi tengono saldamente ancorata al nostro posto.
A loro che hanno voglia, ogni santo giorno, di combattere, di motivarsi, di imparare. Di essere migliori del giorno prima.
A loro che hanno dato alla mia instabilità, alla mia irruenza, alla mia irrequietezza e ai miei alti e bassi un porto in cui tornare, finalmente. Anche se c’è la tempesta.
A loro da cui, anziché scappare, torno sempre. Che sia bello o brutto tempo, non importa. L’importante è che ci siano!
A loro che riconoscono i miei pregi, accettano i miei difetti, smussano i miei spigoli e mi accolgono affettuosi.
A loro che mi permettono di poter esserci anche quando non ci sono; e sopratutto di poter esserci, come posso esserci.

Ho sbattuto spesso negli ostacoli della mia invisibile e impercettibile diversità, dalla scuola al lavoro, ed è stato sempre difficile per me incastrarmi ad un mondo e ad un modo fatto per i “normali” o per la “media statistica”.
Loro sono la mia conquista più grande.

Dedico questo post alla mia colleganza, tutta tutta, perché quando ho scoperto che in smart working il lavoro in ufficio mi sarebbe mancato un sacco…ho capito che avevano fatto un bel nodino, mi avevano legata a loro e mi avevano davvero fregata!!!

Mi sento finalmente un pesciolino nell’acqua.

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