Paure e difficoltà ai tempi del Covid-19, apre lo sportello psicologico online a Mens CPZ

Mens CPZ è lieta di annunciare l’apertura del nuovo SPORTELLO DI SUPPORTO PSICOLOGICO ONLINE gestito dalle nostre psicologhe e psicoterapeute, le Dott.se Letizia Foti, Alida Zugaro e Giuditta Seassaro.
Le rincontriamo dopo qualche mese per approfondire i temi legati all’emergenza Covid-19, da quelli correlati al timore del contagio sia da parte dei pazienti che da quella dei sanitari, a quelli che emergono come conseguenza di vissuti psicologici difficili.
In un periodo così particolare di reclusione forzata, ma anche di incertezza riguardo il presente ed il futuro, la telemedicina viene incontro ai pazienti laddove i pazienti non possono recarsi nei luoghi predisposti alla cura e all’ascolto.

In cosa consiste lo sportello psicologico telematico e a chi si rivolge?
Lo sportello psicologico telematico vuole essere uno spazio digitale focalizzato sull’ascolto. Il terapeuta mette a disposizione il proprio spazio psichico ed emotivo per accogliere i bisogni, le paure, le angosce delle persone in questo difficilissimo momento, in cui sembra che i riferimenti di sempre si siano persi e ci sia bisogno di costruire significati nuovi. In poche parole, nasce dal bisogno diffuso di cercare un senso a quanto sta accadendo, e al malessere (che trova terreno fertile) negli individui e tra gli individui: nelle coppie, nelle famiglie (in cui spesso convivono anche tre generazioni) tra coinquilini, nella solitudine. Gli equilibri di sempre sembrano vacillare e le persone sono “costrette” a stare molto tempo a contatto con sé stesse e con le persone vicine (almeno fisicamente, perché sotto lo stesso tetto). La frenesia quotidiana ci distrae spesso dal dialogo con il nostro mondo interno: adesso, questo dialogo, sembra imporsi in modo a volte anche doloroso. Ci riscopriamo popolati di timori, di desideri, di bisogni riscoperti, di fragilità e di aspetti sorprendentemente inediti.

Lo spazio d’ascolto psicologico telematico consente alle persone di trovare una collocazione e successivamente un senso a quanto sentono emergere come disturbante in questo momento, e ciò è possibile grazie al lavoro attento e rispettoso dello psicologo. E’ proprio lui, il clinico, che, nonostante ci si incontri nell’etere della rete, si fa garante dello spazio di cura, ne definisce i confini e li mantiene solidi nel corso della terapia.

Lo sportello è rivolto a chiunque ne avverta il bisogno, professionisti e privati: tutti, seppur certo da prospettive notevolmente differenti,  siamo indistintamente coinvolti  in questa crisi.

Quali sono i vantaggi di un consulto a distanza rispetto a quello che avviene tradizionale in studio?
I vantaggi di un consulto a distanza sono strettamente legati a chi ne fa esperienza. Per intenderci, alcuni, pur nel bisogno, non riescono a tollerare uno spazio interpersonale non fisico.  Altri invece, possono giovare di un primo contatto a distanza perché, per esempio, intimoriti o reticenti rispetto al rapporto di cura e ai rapporti in genere. In linea generale però, in questo particolare momento, ci sentiamo di sostenere che lo spazio d’ascolto telematico abbia un valore unico, poiché può offrire a tutti un luogo “esterno” in cui incontrare un professionista d’aiuto – per alcuni, unico luogo di incontro possibile – pur dovendo rimanere tra le mura di casa. E’ in quel luogo che, attraverso l’ascolto attivo dello psicologo, le persone possono trovare un senso a ciò che sperimentano “tra le mura della propria persona”, in sé stessi.

Avete esperienza diretta di pazienti la cui ansia è aumentata in questo periodo caratterizzato dall’emergenza Coronavirus?
Continuiamo a vedere su Skype i pazienti con cui fino ad ora ci si incontrava in studio.
L’ansia non è solo aumentata in chi già ne soffriva, ma sembra essersi insinuata ed emersa come sintomo in quasi tutte le persone, fossero o meno soggetti ansiosi. E ciò, come dicevamo prima, è inevitabilmente legato alla difficoltà di tutta la collettività umana mondiale di trovare, produrre e condividere significati validi a quanto sta accadendo. L’ansia ha una funzione originariamente positiva, serve cioè ad attivarci quando è necessario trovare soluzioni e fronteggiare una prova. Oggi siamo tutti messi alla prova, privatamente e collettivamente, e l’ansia è il motore che spinge ciascuno di noi a cercare un senso alla sospensione in cui si è ritrovato a vivere.

Certo, in molti casi, chi già ne soffriva, ha visto acutizzarsi la propria sintomatologia, poiché aumenta la percezione di vulnerabilità soggettiva e collettiva.

Quali sono gli aspetti che emergono e quali sono le maggiori paure delle persone?
Forse possiamo considerare – sul piano psicologico – il momento che viviamo come un momento di “emergenza” di emozioni, pensieri, paure, angosce legate alla percezione di una minaccia esterna e alla repentina modificazione dei ritmi della vita quotidiana di ciascuno. La limitazione delle libertà, la circoscrizione del quotidiano al perimetro delle mura di casa o al più dell’isolato (o al contrario, l’impossibilità di restare a casa per recarsi ancora al lavoro, non sempre in condizioni protette), la miriade di informazioni che riceviamo, non sempre coerenti e di immediata comprensione e, forse più di tutto, il senso di totale incertezza e perdita di riferimenti rispetto al futuro, tutto questo si può configurare come un’emergenza psicologica, in quanto le richieste della realtà esterna possono mettere sotto forte pressione la capacità di ognuno di adattarvisi.

La paura, come la definisce Galimberti nel suo Dizionario di psicologia, è una “emozione primaria di difesa, provocata da una situazione di pericolo che può essere reale, anticipata dalla previsione, evocata dal ricordo o prodotta dalla fantasia. La paura […] prepara l’organismo alla situazione d’emergenza, disponendolo, anche se in modo non specifico, all’apprestamento delle difese che si traducono solitamente in atteggiamenti di lotta e fuga”. Se pensiamo alla situazione che stiamo vivendo ora, una dose “sufficiente” di paura può aiutare le persone a mantenere comportamenti responsabili di fronte a un rischio reale, quello della diffusione del contagio, mentre una paura molto forte può sfociare nel panico e portare addirittura alla negazione totale del pericolo. Se si nega il pericolo si rischia però di esporvisi maggiormente e di mettere in pericolo gli altri. Un altro aspetto interessante della definizione di Galimberti è quello della paura provocata dalla fantasia: la situazione di sospensione e incertezza nella quale ci troviamo può diventare facilmente terreno fertile per il dispiegarsi di molti pensieri e fantasie, che nello spazio chiuso della nostra mente possono crescere e autoalimentarsi, allontanandosi dalla realtà. E’ importante, per evitare che ciò accada, potersi confrontare con qualcuno, che aiuti a dipanare i pensieri e a discriminare la dimensione più oggettiva del pericolo da quella più soggettiva della percezione del pericolo: questo per poter ridimensionare le paure, senza negarle e sentirsene sopraffatti.

Esiste un’attività che si può fare in casa e che aiuti a distrarre la mente dai pensieri negativi che spesso ci accompagnano in questa quarantena?
Sicuramente esistono svariate attività che si possono fare in casa e le tante condivisioni sui social di idee originali e divertenti per passare il tempo o impiegare in modo differente lo spazio di casa, testimoniano il tentativo delle persone di affrontare la situazione di crisi anche in maniera creativa. E la creatività è caratteristica di una mente “sana”, una mente che riesce a giocare con la realtà per produrre cose nuove, nuovi significati, nuove idee. Perché la mente si mantenga sana però è importante che in essa trovino diritto di cittadinanza anche i pensieri negativi, inevitabili in particolare in una situazione difficile come quella che viviamo. I momenti di svago sono fondamentali, ma è anche importante ascoltarsi, dare un po’ di spazio anche alle emozioni negative, ricordando che fanno parte del corredo esperienziale umano e che tutti le viviamo: svago quindi, ma non negazione delle emozioni negative.

Detto ciò, è importante distrarsi nei termini di non lasciare che la propria vita venga invasa dalle notizie e dal discorso del Coronavirus: questo perchè anche nella situazione di emergenza la vita non si ferma e la mente per mantenersi sana ha bisogno di essere nutrita con una dieta variegata, che permetta anche di mantenere una continuità con quelli che erano gli interessi, le occupazioni, gli hobbies prima della pandemia.

Che tipo di supporto offre il vostro sportello invece per le persone che hanno vissuto o stanno vivendo la malattia (polmonite da Covid-19) in questo periodo? Penso alla paura di non farcela, alla paura di ricadere, la paura che nulla tornerà come prima?
Le persone direttamente colpite dall’epidemia – pensiamo ai malati ma anche ai parenti dei malati – si scontrano o si sono scontrate con le conseguenze più drammatiche del virus: la paura del contagio ha trovato per loro una conferma concreta nella realtà. Come dicevamo prima, con il nostro sportello offriamo uno spazio di ascolto professionale per accogliere i bisogni, le paure, le angosce delle persone in questo difficilissimo momento, anche di chi è stato contagiato. Chi ha vissuto direttamente (o indirettamente, ma da vicino) la condizione di malattia, è stato verosimilmente più in contatto con angosce relative alla propria sopravvivenza o a quella dei propri cari, toccando con mano un pericolo difficilmente misurabile. E’ importante che questi vissuti possano essere condivisi e che possano incontrare l’ascolto di un esperto della salute mentale. Inoltre, essendo il virus molto contagioso, è possibile che chi scopre di essere positivo venga stigmatizzato o ostracizzato e sperimenti anche emozioni come la vergogna, la colpa, la percezione di sè come pericoloso per gli altri.

Infine, rivolgersi a uno psicologo può aiutare la persona a riscoprire le proprie risorse, magari più difficili da reperire in un momento di grande stress e fragilità: divenire consapevoli delle proprie risorse aiuta anche a combattere il senso di impotenza e vulnerabilità che la situazione attuale può ingenerare e ancor più se ci si è scontrati personalmente con la malattia.

Quali sono i meccanismi psicologici errati e dannosi o comunque i rischi in cui è più facile cadere in questo periodo? Es. allontanarsi dalle persone (raffreddare i rapporti sociali), diventare ipocondriaci, sviluppare ossessioni e fobie, non riuscire  a rilassarci, problemi di insonnia ecc?
Il Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi (CNOP) ricorda che il problema oggettivo del “Coronavirus” diventa problema soggettivo in relazione al vissuto psicologico, alle emozioni e paure che il tema suscita nelle diverse persone. In situazioni straordinarie, come quella attuale, i meccanismi psicologici che agiscono sono diversi, molto spesso legati al rischio di commettere errori di interpretazione della realtà: sovrastima e/o sottostima del fenomeno. Una percezione “distorta” o amplificata del rischio può condurre alla messa in atto di comportamenti irrazionali e a un abbassamento delle difese, psicologiche, ma anche biologiche, con ripercussioni negative sull’organismo.  Gli effetti psicologici più comunemente riscontrati, generati dal panico e alimentati dall’infodemia (circolazione di una quantità eccessiva di informazioni, talvolta non vagliate con accuratezza, che rendono difficile orientarsi su un determinato argomento per la difficoltà di individuare fonti affidabili), sono riconducibili a sentimenti di rabbia, sintomi di disturbo da stress post traumatico e a comportamenti fobici di evitamento. In special modo pare essere presente la paura di poter sviluppare i sintomi della malattia e infettare gli altri. L’ansia sembra essere il vissuto maggiormente riscontrato e di più difficile gestione. Si esprime spesso attraverso la messa in atto di comportamenti con tratti ossessivi, quindi ripetitivi e irrazionali (lavarsi ripetutamente le mani o disinfettare continuamente le superfici della casa; la corsa all’approvvigionamento; l’esodo dei fuori sede etc.) e può sfociare in attacchi di panico o disturbi del sonno. Tali condizioni, spesso preesistenti, vengono esacerbate dall’isolamento, dal distanziamento sociale e dalla perdita del lavoro, della routine di vita e più in generale dalla privazione improvvisa e forzata della propria libertà.

Da esperte delle problematiche nell’età evolutiva e giovani come stanno vivendo i ragazzi questa situazione?
L’età evolutiva è un ambito che riguarda una fascia di età che va da quella dell’infanzia sino alla giovane età adulta. Le percezioni e i vissuti emotivi e psicologici di questo periodo variano a seconda dell’età e della tappa evolutiva in cui ci si trova. I bambini più piccoli stanno vivendo sentimenti ambivalenti di gioia, per la presenza costante dei genitori, prima impegnati nel lavoro e di angoscia per la difficoltà a “mentalizzare” (bambini più piccoli) e quindi a comprendere fino in fondo i motivi della quarantena forzata. Anche per loro la routine di vita (scuola, sport, tempo trascorso con i pari e con i nonni) è stata improvvisamente spezzata e dopo un primo periodo vissuto con maggiore serenità, perché interpretato come una vacanza, iniziano adesso ad emergere aspetti di fatica emotiva legati all’isolamento dal contesto abitudinario di vita, scolastico e non, dall’interruzione dei rapporti con i pari e dal generale “riassettamento” degli equilibri familiari. In alcuni casi si verificano aspetti regressivi per cui i bambini più piccoli che avevano ormai raggiunto la fase di “separazione” dai genitori (vedi l’inserimento nel contesto scuola), vivono delle piccole involuzioni espresse attraverso angosce di separazione legate a un nuovo bisogno di dipendenza. Altra fascia evolutiva colpita dall’emergenza sanitaria e vittima dell’isolamento forzato è quella degli adolescenti. Come sappiamo l’adolescenza rappresenta un periodo di importanti cambiamenti sul piano dell’autonomia, in cui il processo di separazione-individuazione dai genitori si ripropone attraverso gli attacchi e i conflitti con gli stessi al fine di raggiungere la condizione di indipendenza. Il processo di autonomizzazione dell’adolescente avviene attraverso il rapporto con i pari, fondamentale per lo sviluppo dell’identità. In questo periodo di quarantena tutte le abitudini necessarie allo sviluppo adeguato di tali processi vengono meno. I contatti con i pari, le uscite con gli amici e la routine scolastica sono stati bruscamente interrotti. Tale “blocco” si ripercuote inevitabilmente sulla psiche, già fragile, dell’adolescente. Infine vi è la giovane età adulta, in cui i processi di identificazione, individuazione e autonomia vanno sempre più consolidandosi. I giovani si ritrovano oggi a vivere situazioni differenti, ma in tutti i casi di difficile portata emotiva. Vi sono gli studenti/lavoratori fuori sede, rimasti lontani dalle proprie famiglie e costretti ad affrontare i vissuti di angoscia e preoccupazione (propri e genitoriali) per la situazione sanitaria e/o per via dell’isolamento sociale ed affettivo. Anche in questo caso i normali ritmi di vita si sono repentinamente interrotti e il tempo viene vissuto come sospeso. Ci sono altrimenti i giovani adulti che si trovano all’interno del proprio nucleo familiare, costretti a ridimensionare le proprie autonomie raggiunte, in un certo senso a “regredire” dal punto di vista evolutivo.

Qual è uno scenario post epidemia che possiamo prevedere? In concreto quando tutto questo sarà finito quali saranno gli strascichi che ci porteremo a livello psicologico?
A questa domanda è possibile rispondere prendendo in considerazione due differenti piani, quello relativo agli effetti a lungo termine della quarantena e quello che riguarda l’impatto psicologico e il rischio post traumatico degli operatori dei Servizi Sanitari. Un aspetto che rischia di permanere per mesi, in alcuni casi per anni, è quello legato alla paura del contagio. Alcuni studi evidenziano che, anche una volta tornate alla normalità, le persone possono avere dei comportamenti riconducibili al periodo dell’emergenza: un’attenzione eccessiva al lavaggio delle mani o la tendenza a evitare i posti chiusi e affollati, i luoghi pubblici e le persone con tosse o raffreddore. Tali possono essere gli effetti del trauma che lascia, indelebili, della tracce nella memoria, tanto più forti quanto più si è stati esposti al rischio o alla condizione concreta di un contagio, propria o vicina (isolamento fiduciario in seguito a tampone positivo, ospedalizzazione, lutto, etc.). La possibilità che le persone vadano incontro a sequele psicologiche quali ansia, depressione, rapida esauribilità, distacco dagli altri, rabbia e irritabilità, insonnia, difficoltà di concentrazione e decisione, evitamento sociale, deterioramento delle performance lavorative, sono certamente maggiori in quelle situazioni in cui sussistono delle condizioni di disagio psicologico preesistente e/o la quarantena ha rappresentato un vero e proprio isolamento sociale e affettivo (nessun contatto sociale attraverso tele e video-chiamate). Il tipo di disagio psichico manifestato varia infatti da persona a persona, anche in relazione ai livelli di resilienza e alle risorse disponibili sul fronte personale e sociale. Non da meno, una categoria particolarmente esposta a rischio – anche di suicidio – è quella del personale sanitario, perché quotidianamente a contatto con l’infezione e la morte: realtà drammatiche e sfidanti sia a livello professionale (non riuscire ancora ad individuare i farmaci efficaci nel fronteggiare il Covid-19), che personale (sostenere turni di lavoro estenuanti, esponendosi al rischio di essere infettati e restando lontani dai familiari onde evitare di contagiarli). Per quanto vengano definiti “eroi” o “angeli”, medici e infermieri restano pur sempre uomini e donne chiamati a fare sforzi sovrumani.

 

 

 

 

 

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