La dentista di fiducia.

Io ho un problema. Anzi più di uno. Ormai lo sapete.
Uno di questi è la mia difficoltà a farmi mettere le mani addosso da un medico.
Meno male che sono malata di mente. Lo dico sempre. Essere una malata psichiatrica mi dà il privilegio di essere visitata senza essere toccata. Se io fossi dovuta andare da un ortopedico, un ginecologo o un dermatologo tutte le volte che sono andata da uno psichiatra, sarei già morta. E non per forza a causa della eventuale malattia. Probabilmente qualche medico avrebbe già provveduto a farmi fuori.
Tra le figure dei medici, quello che io temo e quello che mi teme di più è il dentista.
La mia non è la tipica paura del dentista. Neanche terrore. Semplicemente quando un dentista cerca di visitarmi, è raro che non mi metta in piedi a correre intorno alla poltrona. Letteralmente.
Rimane negli annali il giorno in cui il dottor Antonio cercò di farmi l’anestesia e io tentai di andarmene con tutto l’ago infilzato nella gengiva. Con l’assistente che rincorrendomi mi urlava…”non ingoiare, non ingoiare!”.
Quando mi sono trasferita a Torino, per permettere a qualcuno di toccare i miei denti ci ho messo più di cinque anni. Il prescelto era diventato, col tempo, un odontoiatra specializzato in pediatria.
In sala d’attesa mi sedevo al tavolino coi giochini e aspettavo il mio turno.
Ogni volta che chiamavo lo studio medico e mi presentavo con “Luana, sono Nathalie”, l’assistente doveva riprendersi dallo shock di dover avere a che fare nuovamente con me.
“Dai, Luana, non fare così. Ti prometto che faccio la brava”.
Luana ogni volta mi chiedeva: ma ancora non hai trovato un dottore per grandi? O mi suggeriva qualche altro medico.
Insomma, Luana non mi voleva proprio bene!
Di recente, una delle mie amiche di infanzia nonché una delle mie compagne di banco delle scuole medie è diventata odontoiatra. Così non ho perso tempo. Arrivata da Torino, ho iniziato a marcarla a uomo.
Finalmente non dovevo più vergognarmi, trattenermi, comportarmi (per quanto possibile) in maniera adeguata.
Potevo essere me stessa. Una pusillanime; una pecorella; una fifona. In nome di una ventennale amicizia, potevo sulla sedia del dentista fare finalmente quanti capricci volevo.
“Selene, devo togliere il dente del giudizio”, ho esordito come se le stessi proponendo una passeggiata al mare con il gelato.
La sua pazienza di madre felice di un bambino di due anni è stata messa duramente alla prova prima ancora di mettere lo specchietto in bocca, ma dopo varie visite, messaggi minatori, chiamate…oggi ce l’abbiamo fatta.
Ce l’abbiamo fatta in…5: io; l’assistente che prima di prepararmi l’anestesia mi ha chiesto quanti e quali stupefacenti prendessi; la dottoressa titolare che mi ha tenuto la manina mentre Selene provava a mettermi la siringa in bocca; Selene che ha dovuto sopportarmi, supportarmi, tranquillizzarmi e alla fine…estrarre davvero il dente e Sara, la nostra terza compagna di banco, nonché comune amica del cuore…che ha accettato di portarmi dal dentista solo per farci un selfie tutte e tre…nel giorno del suo compleanno.

Cari amici, se non vi siete fatti estrarre il dente del giudizio dalla vostra compagna di banco che è nata due giorni dopo di voi nella stessa stanza di ospedale…e se non avete messo in croce la vostra migliore amica per farvi accompagnare…solo per mettere un selfie sul gruppo Whatsapp della scuola media…non solo non siete dei rompipalle…ma non siete neanche dei rompipalle molto privilegiati!!!

Un grazie di cuore alla mia nuova dentista di fiducia!!!

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *