La neurostimolazione non invasiva

La neurostimolazione non invasiva comprende numerose tecniche ampiamente e da molti anni utilizzate nel trattamento e nella ricerca principalmente nel campo della neurologia e della psichiatria, tuttavia risulta ancora poco conusciuta dai non addetti ai lavori.

Queste tecnologie sono basate sulla somministrazione attraverso lo scalpo di correnti elettriche in modo non invasivo; queste correnti una volta penetrate nel cervello ne vanno a modulare l’eccitabilità. L’alterazione dell’eccitabilità corticale è presente in molte patologie, la possibilità di correggerla può quindi essere utilizzata a scopo terapeutico, ma non solo. Infatti, i sistemi di neurostimolazione possono essere sfruttati nello studio di queste alterazioni per raggiungere quindi, una maggiore comprensione delle patologie stesse.

Il metodo più efficacie di ottenere una stimolazione cerebrale o la registrazione delle correnti è rappresentato dal posizionamento degli elettrodi direttamente all’interno del cervello. Ciò presuppone però una metodica invasiva che, se può essere pensata per soggetti che presentino una determinata patologia (basti pensare alla stimolazione profonda negli affetti da Malattia di Parkinson), risulta impraticabile nei soggetti sani. Le tecniche transcraniche sono quindi non invasive, sicure e utilizzabili su una larga parte della popolazione e quindi applicabili non solo per indagare le patologie, ma anche negli studi di neurofisiologia. Tuttavia, la somministrazione di correnti attraverso lo scalpo risulta difficoltosa, in quanto queste devono attraversare strutture ad elevata resistenza, pertanto sia le registrazioni che la focalità del target terapeutico risultano essere inferiori rispetto alle tecniche invasive.

I primi approcci sono stati fatti applicando degli stimoli ad alto voltaggio attraverso degli elettrodi posti sullo scalpo. Nonostante la larga parte della corrente viaggi sullo scalpo tra i due elettrodi, una piccola porzione penetra nell’encefalo attivando i neuroni. Questo metodo è noto come stimolazione elettrica transcranica e ha il grande merito di aver introdotto una tecnica neurofisiologica che ha permesso per la prima volta di indagare l’eccitabilità e la propagazione dello stimolo nervoso a livello delle fibre centrali intatte in esseri umani collaboranti. Questa tecnica venne introdotta nel 1980 dagli studiosi Merton e Morton, anche se il vero pioniere può essere considerato il neurofisiologo francese Jacques-Arsène d’Arsonval. Egli, a partire dal 1889 studiò gli effetti fisiologici della corrente alternata applicata al corpo. Scoprì come correnti con una frequenza di 5.000 Hz non causino contrazione muscolare e stimolazione nervosa al pari dell’elettroshock, ma sembravano avere effetti benefici. Ha fondato l’elettroterapia, aprendo la strada all’applicazione terapeutica di correnti ad alta frequenza ideando particolari circuiti in grado di generare correnti tra i 0,5 e 2 MHz chiamati “correnti D’Arsonval” per la terpaia, che furono in suguito applicati per la diatermia.

Con l’avanzare della tecnologia, queste tecniche si sono affinate e differenziate, diventando sempre più performanti. Nelle prossime settimane presenteremo ciascuna di esse.

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